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di Enrico Bronzo

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19 marzo 2010

Per assicurarsi un vero e proprio pezzo di storia basta scucire 750mila dollari. Tanto costa un bilocale al Watergate, l'hotel situato nel complesso di Washington teatro delle intercettazioni che portarono alle dimissioni del presidente Richard Nixon nel 1972. Gli spazi del famoso albergo sono stati riconvertiti in appartamenti a uso residenziale. Con tanto di attici da otto milioni di euro. Destinare alla speculazione immobiliare — nel senso positivo del termine — alberghi e strutture ricettive è una tendenza che negli Stati Uniti ha preso piede a partire dal 2005. Le ragioni della riqualificazione sono soprattutto il forte calo dei flussi turistici, soprattutto interni, e il notevole incremento dei prezzi delle abitazioni, in particolare nel segmento di lusso.

Il business è andato bene fino al 2008. Plaza, St. Regis, Barbizon, Empire, Mark, Drake, Stanhope, sono solo alcuni dei grandi nomi dell'hôtellerie di New York che in quegli anni, in parte o in toto, sono passati al residenziale. Se il Barbizon fa parlare di sé essendo nato nel 1927 come albergo per sole donne (ha ospitato anche Grace Kelly e Liza Minnelli), il Plaza non passa di certo inosservato per chi visita la Grande Mela, affacciato così com'è sul lato meridionale di Central Park. Qui delle oltre 800 stanze d'albergo originali ne sono rimaste 152. Al loro posto sono state realizzate 182 grandi residenze private, in parte arredate da Versace Home: hanno un prezzo di vendita che parte da 2,5 milioni di dollari.

Diventati appartamenti, gli hotel storici hanno un appeal a cui difficilmente resiste chi sta cercando un immobile di pregio. Tra i nomi italiani che sono stati associati all'acquisto di una casa al Plaza figura Flavio Briatore: avrebbe pagato 25 milioni di dollari per assicurarsi 470 metri quadrati all'ottavo piano. Giuseppe De' Longhi, presidente dello storico marchio di condizionatori ed elettrodomestici, si è aggiudicato per 11,2 milioni di dollari tre stanze da letto al quindicesimo piano con vista sul parco. Dal canto suo Luigi Zunino, ex amministratore delegato di Risanamento, ha tre appartamenti affacciati sul negozio Apple della Quinta Strada, mentre di Pier Luigi Loro Piana si dice abbia comprato nel 2006 per 5,8 milioni di dollari un alloggio al quattordicesimo piano con vista su Central Park, poi rivenduto a 7,25 milioni di dollari con un profitto del 29 per cento.

Bei tempi. Quattro anni dopo, il luogo è lo stesso, ma la musica è diversa: qui qualcosa sembra essersi inceppato nel remunerativo meccanismo dell'albergo che si reinventa condominio. Quello che nel 2006 valeva 13,5 milioni di dollari ora ne vale 10. Cosa fare, tenere o vendere? «Certamente — spiega l'italoamericano Antonio Cosentino di Corcoran, il gruppo immobiliare leader nell'intermediazione a Manhattan — chi ha comprato nel momento di picco del mercato non sta apprezzando particolarmente il proprio investimento ma, nel lungo termine, ne uscirà vincitore».

Sempre a New York un'altra storia emblematica è quella del Mandarin Oriental Hotel,
comprato nel 2005 per circa 150 milioni di dollari da Izak Senbahar, un immobiliarista di origine turca. Qui il signor Leonard Blavatnik — russo con passaporto americano e una fortuna di svariati miliardi di dollari quasi tutti nell'immobiliare — ha acquistato tre piani dell'edificio: per tremila metri quadri ha speso 150 milioni di dollari, investiti con l'obiettivo di «realizzare un palazzo nel palazzo», ha confidato agli amici. È stato calcolato che in quello spazio potrebbero starci 23 camere da letto, una palestra, 25 bagni, vari soggiorni e camere da pranzo. Il tutto a un passo da Central Park, a Columbus Circle. Lo stesso Blavatnik ha sborsato 50 milioni di dollari anche per una dimora al Plaza.

Gli hotel "condominiali" sono un ibrido che, nonostante il recente rallentamento del mercato, è stato e continua a essere redditizio. Negli ultimi dieci anni negli Stati Uniti, dalla East alla West Coast, si è moltiplicata l'apertura di complessi alberghieri nuovi di zecca già pensati per il doppio uso: affiancano servizi alberghieri e residenziali. Con questa formula i proprietari delle abitazioni spartiscono con i gestori degli hotel (di solito al 50 per cento) stanze ed entrate. La condizione è una sola: i residenti possono occupare l'appartamento per un massimo di due mesi l'anno, per il resto del tempo lo affittano. In questo modo, stima Francesco Calia, associato di Cushman & Wakefield Hospitality, guadagnano sul prezzo dell'immobile dal 50 al 150 per cento in più.

Tra gli esempi di nuovi edifici a Manhattan in cui convivono sia ospiti che condomini c'è il grattacielo che la società italiana Bizzi & Partners ha iniziato a costruire l'anno scorso. È un palazzo di 60 piani e 200 metri d'altezza al numero 400 della Quinta Avenue: conterrà un albergo da 157 stanze (gestito dalla catena The Setai) e 237 appartamenti di lusso, a partire dal trentesimo piano. L'offerta va da monolocali al top di gamma: due penthouse da 300 metri quadrati. Le unità abitative saranno consegnate entro la fine di quest'anno per cifre comprese tra i 21.500 e i 34.500 dollari al metro quadrato.

  CONTINUA ...»

19 marzo 2010
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